Wise, Nick & Sunshine, Linda (2017), The Wines and Wineries of Oregon’s Williamette Valley. From Pinot noir to Chardonnay. London (Uk): Omnibus Press, 272 pp., $ 28.00
La Williamette Valley è una valle lunga circa 240 km., situata nella parte nord-occidentale dello stato dell’Oregon, uno dei quattro stati americani, situati sul versante del Pacifico, insieme con Washington , l’Idaho e la California, con i quali confina rispettivamente a nord , a est e a sud. Interamente attraversata dal fiume omonimo, essa è una delle regioni enologicamente più autentiche e interessanti degli Stati Uniti d’America, soprattutto per i suoi Pinot noir, e certamente la più conosciuta dell’Oregon.
Due terzi di questo stato americano si trovano a est delle montagne di Cascade Range , una zona ampiamente desertica che si spinge fino al confine con l’Idaho. Qui l’ambiente è assai meno favorevole per la coltura della vite, che vi é praticamente marginale (solo una decina di ettari), limitandosi alla Snake River Valley, un’AVA (le AVAs, American Viticultural Areas, sono denominazioni geografiche simili alle nostre DOC) condivisa con l’Idaho, nel quale gli ettari sono però 650. Nel cosiddetto Northern Border, la sezione più settentrionale dell’Oregon orientale, al confine con lo stato di Washington, le condizioni climatiche sono invece simili a quelle di oltre confine e assai più favorevoli. Le sue tre AVAs (Columbia Gorge, la più vicina a Portland, Columbia Valley e Walla Walla Valley), sono infatti condivise con il vicino stato di Washington , ma maggiormente associate a quest’ultimo, dove sono anche volumi di produzione ben più importanti: è in quest’ultimo infatti che si trova la porzione più estesa di vigna. Non è poi raro che alcune delle wineries più importanti di Walla Walla, come Cayuse o L’École 41, posseggano vigne anche oltre il confine. La Williamette è situata invece nella sezione nord-occidentale dello stato, la più vicina al Pacifico: con i suoi oltre 6.000 ettari di vigna è in definitiva la regione più estesa del territorio vitivinicolo dell’Oregon, ben più anche di quella meridionale, che si spinge verso la California, caratterizzata da un clima più secco e un terroir assai meno omogeneo. Ed anche la più interessante, distinguendosi da quest’ultima per le varietà dominanti: se lì dominano le varietà classiche del bordolese (cabernet-merlot) e dell’area del Rodano (syrah-viognier), nel clima fresco della Williamette ad esaltarsi sono piuttosto le grandi varietà borgognone (pinot noir prima di tutto).
La viticoltura, pur presente già ai tempi del proibizionismo, vi si è però sviluppata assai più recentemente. Tutto è cominciato praticamente tra gli anni ’60 e i primi anni ’70. Fino ad allora a dominare nella regione erano i noccioli, i ciliegi, i pruni. I primi a piantare viti furono Richard Sommer, Charles Cury e David Lett. Dopo di loro molti altri cominciarono a migrare dalla California, attratti dal clima, dai suoli e dalla possibilità di acquistare terre a prezzi assai più favorevoli : gli Erath, i Ponzi, gli Adelsheim e altri ancora. La seconda ondata fu quella degli anni ’80, con l’arrivo di Argyle e Ken Wright Cellars. Poi fu la volta dei francesi, attratti dalla scoperta di quel nuovo mondo, tanto simile e tanto diverso dalla loro Borgogna: dapprima i Drouhin, che vi fondarono un loro avamposto nel 1988, poi via via si aggiunsero altre joint-venture (Comte Lafon, Comtes Ligier-Belair, Louis Jadot, Méo-Camuzet). Il vigneto della Williamette é ripartito fra 6 differenti AVAs . Subito a sud di Portland, la città più grande, con i suoi oltre 600.000 abitanti, verso l’Oceano, sono Ribbon Ridge, Yamhill- Carlton e Mc Minnville (qui si svolgono il Festival degli Ufo a maggio e quello del Pinot noir a luglio). I suoli sono ricchi di sedimenti marini, limo, sabbia, misti a materiali vulcanici. Più all’interno, partendo da nord, sono invece le AVAS con i vigneti più estesi, Chehalem, Dundee Hills ed Eola-Amity : qui i suoli sono tipicamente vulcanici, misti a loess ed altri di natura sedimentaria. A dominare è il Pinot noir, ciò che le è valso il nome di American Burgundy, poi gli altri Pinot (bianco e grigio) e lo Chardonnay, con un po’ di Riesling. Qui i prezzi delle vigne sono ancora ben lontani da quelli californiani: un acro costa ancora 35.000 dollari, contro i 4-500.000 della Napa Valley e i pur sempre 150.000 della meno celebrata Central Coast. Nella Williamette vi sono attualmente circa 300 wineries, la maggioranza delle quali molto recenti e generalmente di piccole dimensioni, superando raramente le 10-15.000 casse l’anno, anche se qualche azienda di dimensioni maggiori, come King Estate o la Williamette Valley Vineyards, supera le 100.000 casse. Nonostante l’enorme espansione avuta in questi anni, la valle appare oggi come la Napa Valley 30 anni fa, caratterizzata da un autentico spirito rurale e notevole individualismo. Il libro di Wise e Sunshine sembra voler valorizzare soprattutto questa dimensione pionieristico-individualistica, presentando, nei suoi 14 capitoli, il ritratto di altrettante wineries e i loro winemakers (nel solo capitolo finale, dedicato alla French Connection, e nell’appendice, qualcuna in più) che , in poco più di 30 anni hanno creato il mito di questa nuova frontiera del vigneto americano. La loro presentazione segue un ordine personale, che prescinde dalla loro collocazione geografica : si parte con The Eyre Vineyards, a Mc Minnville, per poi passare a Ponzi (Chehalem) ed Erath (Dundee Hills). E’ come se gli autori avessero rinunciato a dare una visione d’insieme, più ampia e sistematica del territorio (ce n’è appena un accenno, molto sobrio, nel capitolo introduttivo), preferendo concentrarsi sui ritratti di questi vignaioli- pionieri e sulla loro storia imprenditoriale, aggiungendo le schede di assaggio dei loro vini più rappresentativi. Si tratta quindi di un’opera per molti versi simile agli altri libri di Wise , che aveva cominciato a interessarsi dei vini delle celebrità (Celebrity Wines, 2013), attratto dalle storie di personaggi famosi che avevano deciso di trasformarsi in vignaioli, proseguendo con un libro analogo concentrato sulla California (California Celebrity Vineyards, 2016). Si tratta quindi di un’opera molto diversa da quella, da noi brevemente recensita qualche tempo fa, di Cole Danehower sui vini del Nord Ovest del Pacifico (Essential Wines and Wineries of the Pacific Northwest, 2010), che presentava un dettagliato report dei vini dell’Oregon , insieme con quelli degli stati di Washington e dell’Idaho e della British Columbia canadese. Qui le schede, molto più sintetiche, dei vintners più rappresentativi, erano precedute, anche con l’aiuto di dettagliate cartine, da una dettagliata descrizione delle diverse regioni vitivinicole trattate, delle caratteristiche geografiche, geologiche , delle varietà più diffuse, arricchita da schede sinottiche con i dati descrittivi più importanti e utilissime cartine. Da questo punto di vista il libro qui presentato, pur se per molti aspetti godibile e interessante, appare più aneddotico e non è autosufficiente, per chi voglia davvero farsi un’impressione generale dei vini della Williamette Valley. Ne consiglierei perciò la lettura congiuntamente a quello di Danehower o di un altro libro più comprensivo. In compenso gli autori propongono una rappresentazione molto più diretta e personale del loro incontro con i produttori e le loro storie, e questo non dispiacerà ai wine-lovers.