Boccadilupo verticale 21385. E’ l’anno della prima menzione ufficiale del nome Antinori nel mondo del vino. Difficile (probabilmente impossibile) trovare un caso più antico di famiglia del vino, non solo nel nostro paese. Oggi Antinori è un impero, con le sue tenute toscane (nel Chianti classico, Cortona, Montepulciano, Montalcino, Maremma), in Umbria (Castello della Sala), nelle Langhe , in Franciacorta e Puglia, e all’estero: in Europa (Malta, Ungheria, Romania) e in America (Col Solare, Antica e Stag’s Leap negli Stati Uniti, Haras del Pirque in Cile). (Nella foto sopra, un particolare della verticale di Boccadilupo, en plein air).

Dal 1998 Antinori è anche in Puglia, dove acquistò dalla famiglia Gancia la Tenuta Torre Bianco, 102 ettari di vigne sperimentali, impiantate 13 anni prima nel territorio di Minervino Murge. L’anno dopo fu la volta di Masseria Maime, un’altra tenuta ancora più grande (245 ettari) a San Pietro Vernotico, in provincia di Brindisi, allora di proprietà della Società per le bonifiche Ferraresi S.p.A. Nacque così Tormaresca, oggi una delle più importanti realtà produttive dell’enologia ( e non solo: Tormaresca produce anche ottimo olio d’oliva) pugliese. A dirigerla è Peppino Palumbo, uno dei pionieri del progetto Torrebianco. A Torrebianco erano coltivate diverse varietà internazionali (Pinot bianco, Sauvignon, Chardonnay, Pinot nero, e alcuni ceppi di Chenin blanc,Picolit, Pinot grigio, Riesling renano e Sylvaner), accanto ad altre già presenti nella zona, come l’Aglianico.I Gancia avevano a loro volta acquistato la tenuta nel 1983 in partnership con un gruppo di imprenditori e tecnici, tra i quali i Palumbo, titolari di una cantina a Rutigliano, con il progetto di produrre vini bianchi eleganti e profumati come quelli del Nord. Il primo di essi fu il Preludio n. 1, uno Chardonnay che piacque anche al grande enologo Giorgio Gray, che di bianchi certo se ne intendeva. Oggi, pur senza rinunciare del tutto alle varietà internazionali (lo Chardonnay è ancora la varietà principale del vino bianco più prestigioso di Tormaresca, il Pietrabianca, così come il Cabernet Sauvignon e il Syrah concorrono all’uvaggio del Castedelmonte rosso Trentangeli), l’azienda produce soprattutto vini da varietà locali tradizionali, Negroamaro e Primitivo in primis, e si prepara a lanciare il suo primo Nero di Troia in purezza, seguendo uno dei capisaldi della cultura della Antinori, che, dove ha costituito nuove imprese, le ha progettate come realtà autonome, dotate di una propria identità, e non come semplici satelliti di quella del Chianti.

Non è quindi del tutto una sorpresa che Antinori abbia organizzato la sua interessante “due giorni” in terra di Puglia, nella elegante cornice del Resort di Borgo Egnazia. Qui, insieme con una presentazione della storia e dell’attualità della casa fiorentina, affidata a un film-intervista a Piero Antinori, a capo dell’azienda dal 1966 e alle figlie, presenti lo stesso marchese e l’amministratore delegato Renzo Cotarella, si sono svolte una degustazione panoramica dei vini prodotti dalla casa nelle sue varie aziende italiane ed estere, la presentazione alla stampa del suo nuovo rosato A della Fattoria Aldobrandesca , e- l’evento clou delle due giornate- le verticali di due grandi rossi aziendali: il Solaia, prestigioso blend di uve bordolesi e Sangiovese prodotto nella Tenuta Tignanello, e il Boccadilupo, il vino di maggior prestigio della Tenuta di Minervino Murge.

Solaia 3Del Solaia abbiamo assaggiato cinque annate: 2001, 2004, 2006, 2010 e 2012 (Nella foto le bottiglie della degustazione).. Nato un po’ casualmente, come ha raccontato lo stesso Marchese, come un “figlio” del Tignanello, anche sull’onda provocata dal successo del Sassicaia, questo vino si è presto delineato con una sua fisionomia originale, sia di territorio (ben diverso da quello di Bolgheri), sia di uvaggio, nel quale, al Cabernet Sauvignon e al Cabernet Franc, dal 1982, fu affiancato l’autoctono Sangiovese. Sul Solaia mi riprometto di scrivere un servizio più approfondito tra qualche mese, avendo anche programmato il riassaggio di alcune annate storiche di questo vino, a partire da quello delle prime vendemmie, del 1978, 1979 e 1982. Qui mi limito per il momento a dire che quelle degustate a Borgo Egnazia sono probabilmente le annate migliori delle vendemmie degli anni ‘2000.

Solaia 2Il vino del 2001 appare in splendida forma, senza segni di declino, nonostante i suoi 14 anni dalla vendemmia: è un Solaia potente e concentrato, molto elegante ed equilibrato. (Nella foto accanto i bicchieri con le cinque annate, la più vecchia da sinistra). Molto bello anche il 2004, indubbiamente una delle annate di riferimento di questo vino ,di grande classicità, ricco e finemente minerale, un Cabernet elegante più che muscolare; lievemente più contratto il vino del 2006, che deve ancora dispiegare tutto il suo grande potenziale, acquistando un maggior equilibrio: da riassaggiare più avanti; una grande annata quella del 2010, certo un Solaia ancora giovanissimo, ma ampio e profondo, con una trama tannica di grande finezza; con minor volume , ma dolce e vibrante, molto seduttivo il Solaia 2012, attualmente ancora in affinamento e quindi assaggiato in anteprima.

E’ soprattutto del Boccadilupo, a cui è spettato il difficile compito di rappresentare i vini della tenuta pugliese, che voglio parlare in questo breve report. Meno conosciuto del suo cugino toscano, è un Aglianico atipico, provenendo da una zona nella quale l’Aglianico non è certo nuovo, ma non è tra le varietà più diffuse: un Aglianico da scoprire, diverso da quello dei suoi territori più classici (Vulture e Irpinia), ma di indubbia personalità.

Il Boccadilupo è il vino di punta della tenuta di Minervino Murge, da cui prende il nome. Le uve internazionali a Boccadilupo ci sono praticamente da sempre (dal 1985) , ma la loro importanza è gradualmente diminuita, specie nei vini più rappresentativi. Lo stesso Boccadilupo, che inizialmente conteneva anche Cabernet Sauvignon nel suo blend, oggi è un Aglianico in purezza. Questo vitigno, che una leggenda vuole di origine ellenica, è invece probabilmente autoctono ed è diffuso principalmente in Campania e Basilicata, e in particolare nelle zone vulcaniche di queste due regioni, dove dà il meglio di sé, ma è presente anche in Molise, Calabria e, naturalmente, Puglia. E’ un Aglianico diverso, quello di Boccadilupo, ma nobile. Del resto il Vulture è a non più di una cinquantina di chilometri, tanto che, in condizioni metereologiche favorevoli, lo si vede bene dalla grande terrazza del palazzo della tenuta. Furono proprio i filari di Aglianico di Boccadilupo, come mi ha raccontato Peppino Palumbo, a colpire Renzo Cotarella: enologo da sempre legato alla famiglia Antinori, colui che, secondo le parole di Piero Antinori, ha saputo consolidare la grande opera innovativa di Giacomo Tachis, il padre del Tignanello e del Sassicaia. Chiamato nel 1977 dal Marchese Antinori, allora Presidente del Consorzio per la tutela dei vini di Orvieto, quando ancora si stava laureando in Scienze Agrarie a Perugia, fu poi messo a capo della cantina di Castello della Sala, e oggi collabora con gli enologi di Tormaresca, Davide Sarcinella e Laura Minoia, anche lei presente alla verticale di Borgo Egnazia. Fu quindi in un certo senso naturale pensare ad un grande vino da Aglianico. Una vigna di questa varietà era già stata impiantata con le altre di Torrebianco nel 1985, sicché già nel 1999 venne prodotto il primo Boccadilupo. Come si è detto, il Bocca di lupo, le cui vigne sono in coltivazione biologica già dal 1996, all’inizio non era un vino di solo Aglianico, ma un blend con il 10% di Cabernet Sauvignon, nell’intento di addolcire i tannini talvolta un po’ duri dell’Aglianico. Quando raggiunge la piena maturità questo grande vitigno può dare vini eleganti, del tutto privi di rusticità, anche da solo. L’Aglianico è la varietà più tardiva del Sud:le uve vengono raccolte ad ottobre avanzato, quando è anche maggiore il rischio del maltempo, ciò che talvolta induceva i vignaioli ad anticipare la raccolta quando non era stata ancora raggiunta la piena maturità fenolica delle uve, che riguarda anche i tannini delle bucce e dei vinaccioli. Per ottenere un grande Aglianico bisogna sapere aspettare e anche un po’ rischiare.

Nel 2004 si decise finalmente di puntare su una vinificazione in purezza. E di fatti il Boccadilupo di quell’anno, la prima vendemmia in cui si fece a meno del Cabernet (e l’ultima ricavata dalla vecchia vigna del 1985), è un vino ancora oggi magnifico. L’avevo già riassaggiato appena un paio di anni fa , in azienda, insieme con il vino dell’ultima vendemmia allora disponibile, la 2008, proveniente dalle nuove vigne impiantate tra il 1999 e il 2002: due grandi Aglianico,tra le versioni più riuscite del Bocca di lupo, con quello dell’annata 2001. Poi in una verticale organizzata nello stesso anno con Peppino Palumbo e Matteo Santoiemma (allora in Tormaresca) presso il ristorante Le Giare di Massimo Lanini, grande personaggio del vino, a Bari. In quell’occasione, con i vini del 2004 e 2008 assaggiammo anche i vini del 2001 e 2007.

Boccadilupo verticale 4A Borgo Egnazia sono state proposte per la verticale cinque annate: ancora 2001, 2004 e 2008, ma anche un’annata ancora più vecchia, quella del 2000 (la seconda vendemmia del Boccadilupo) e la più recente 2010. (Nella foto accanto, le cinque annate degustate).Cinque ottimi vini, con il Boccadilupo del 2010 in grande evidenza: le vigne nuove (quelle del 1985 non sono più nel blend) cominciano ad accumulare gli anni di impianto necessari per conferire complessità al vino. Quella del 2010 è stata un’annata che si potrebbe definire classica, con un ritardo dello sviluppo vegetativo, protrattosi fino a metà luglio, caratterizzata da una primavera piovosa e fresca, che ha ricostituito le riserve d’acqua impedendo alle viti di andare in stress nei mesi di agosto e settembre, secchi e con temperature alte, pur se non estreme. La vendemmia è stata effettuata tra la seconda e la terza settimana di ottobre (dal 6 al 16) in condizioni molto favorevoli. Il vino mostra un’ottima maturità fenolica, che si manifesta nella morbidezza e rotondità dei tannini, è piacevolmente fruttato e molto equilibrato; sul palato è fresco e vibrante, con un’ottima persistenza. Un Boccadilupo intenso e profondo, tuttavia fresco e scalpitante di gioventù, destinato ad una lunga vita. Appena un po’ appannato il 2008, rispetto all’impressione ricevutane due anni fa, complice una bottiglia un po’ difettosa per una leggera rifermentazione, quella del 2004 appare ancora oggi una delle versioni più riuscite: il vino non mostra alcun cedimento, appare anzi in perfetta forma, potente e balsamico, con piacevoli note di erbe mediterranee, con una speziatura molto fine e un’ottima persistenza. Molta grafite, accenni più scuri, di ferro e cardamomo. Un vino complesso , ancora con un buon avvenire. Sono stati molto interessanti anche gli assaggi delle due annate più vecchie, il 2000 e il 2001, provenienti dalle vigne del 1985 e con l’aggiunta di Cabernet. Molto bene il 2001, proveniente da un’annata calda, che ha reso necessario il ricorso all’irrigazione artificiale: ha colore granata scuro con bordi lievemente aranciati, naso balsamico, con sentori più scuri, di prugna e cioccolato, note grafitose, di liquirizia e menta.

Boccadilupo verticale 1Il 2000 non lo avevo più riassaggiato da almeno sette-otto anni: anch’esso proveniente da un’annata molto calda e asciutta, è un Aglianico maturo, molto speziato, più goudronné, ovviamente più evoluto, ma senza cedimenti. (Nella foto accanto, le cinque annate nei bicchieri).

Insomma l’impressione è che Boccadilupo (oggi con una nuova, più elegente etichetta) sia un vino che crescerà ancora, man mano che i nuovi impianti, tra cui quelli piantati nel 2007-8, derivanti da anni di selezioni, diventeranno più vecchi: passato il decennio, faranno via via emergere, insieme con le caratteristiche proprie della varietà, l’impronta del terroir. Qui il suolo è diverso dal tufo di origine vulcanica di Taurasi e del Vulture, è prevalentemente calcareo, derivante dalla disgregazione di quelle arenarie tufacee che sono così abbondanti in quest’area. E’ una terra calda, povera di sostanze organiche, a bassa capacità idrica, ma ben drenata e soprattutto raffrescata da una costante e benefica ventilazione.Le vigne, si trovano a 200-240 metri di altitudine, e, da lontano, sembrano un’unica, sinuosa onda verde, bellissima a vedersi. Solo le uve migliori sono per il Bocca di lupo. Dopo la raccolta, vengono pigiate e fatte fermentare in serbatoi di acciaio inox, a una temperatura massima di 25-27°. La macerazione, con rimontaggi e délestages soffici, dura 15-18 giorni.Il vino viene quindi passato in barriques bordolesi da 225 litri in rovere, principalmente francese, al 60% nuovo , e per il resto di secondo passaggio, dove effettua la fermentazione malolattica e resta a maturare per 15 mesi, prima dell’assemblaggio e dell’imbottigliamento. Dopo, occorre un ulteriore periodo di affinamento in vetro, di almeno 12 mesi, secondo vendemmia (per l’annata 2008 furono 24).

 

Le verticali di Boccadilupo e di Solaia si sono svolte rispettivamente il 29 e il 30 maggio 2015.

 

(Pubblicato il 17.6.2015)