Decanter, vol 47,n. 10, July 2022

Decanter July 2022Si tratta di un numero sostanzioso, contenente molte degustazioni di vini di territori diversi, oltre al fascicolo allegato interamente dedicato a Bordeaux. In breve i titoli annunciati in copertina: Malbec argentini col miglior rapporto qualità/prezzo, bianchi spagnoli da uve godello, nuove annate dei nebbiolo piemontesi, rosés strutturati, spumanti inglesi, vini in lattina.

In più: le pagine e le rubriche di “Uncorked”, i distillati (si parla del Martini perfetto), il “match” (vini per l’agnello speziato), l’itinerario di viaggio (l’Alsazia golosa vista da Panos Kakaviatos), e il Market Watch (l’ascesa dei SuperTuscan). Ci sono poi un ampio servizio dedicato a Sam Kaplan, talentuoso winemaker  consulente di numerose wineries Top della California,  e una Guida ai Picknick per i wine lovers. Non potrò soffermarmi su tutti questi argomenti, ma mi concentrerò dunque solo su alcuni di essi, limitandomi a qualche accenno sugli altri. Tratterò poi separatamente il quaderno su Bordeaux, anche in quel caso scegliendo alcuni  argomenti più interessanti.

Darò la precedenza a qualche notazione su alcuni degli articoli esclusi dalla mia selezione , partendo dai primi due, entrambi dedicati ai rosé: nel primo l’attenzione della rivista si focalizza sui rosé “body-builded”, ossia di grande struttura e dal  colore più intenso, negli ultimi anni oscurati dalla insistente ricerca dei rosé più pallidi possibile. Sono dei rosé diversi da quelli “da aperitivo in piscina” cui ci ha abituato il mercato, dotati di  un fascino antico,  molto adatti ad accompagnare la cucina d’estate e non solo, naturalmente. Decanter ne ha selezionati 25 da tutto il mondo, in prevalenza dalle regioni del sud della  Francia (ben sei sui dieci col punteggio più alto, scelti dai territori tradizionalmente vocati per questa tipologia di vino, da Bandol a Tavel alla Languedoc e al Roussillon e Gigondas, nel Rodano meridionale). Nella lista ci sono anche due vini italiani: un Cerasuolo d’Abruzzo, il Caparrone Contesa 2021 (91/100), ultimo della lista dei primi dieci, e un Bardolino Chiaretto classico, il Chiar’otto di Villa Calicantus 2019, ventesimo della lista con 90/100. Al vertice è un rosé del Roussillon, Côtes-Catalanes, Les Grenadines del Domaine d’Ansignan 2021, ben 95/100.La metà dei vini selezionati proveniente da annate precedenti a quella corrente (9 del 2020 e 4 del 2019), con un rosé del 2014 , un VDN di Rasteau del Domaine de La Soumade, valutato ben 94 punti.

L’articolo che segue intende rispondere ad una domanda che viene posta di sovente, e cioè se i vini rosé possano davvero invecchiare bene. La risposta dell’autore è positiva. Alcuni vini, specie del sud della Francia come quelli di alcuni territori della Provenza, Bandol, o del Sud del Rodano , come  Tavel, che fanno uso di macerazioni più prolungate e un impiego sapiente del legno, mostrano di poter superare bene i 4-5 anni di età, sviluppando  aromi complessi di frutta molto matura. Gabay propone sei rosé da invecchiamento: quelli top, con 93/100, sono un Tavel 2020, La Combe des Rieu del Domaine Moulin-la Viguerie, e un Côtes-de-Provence del 2021, il Moment Singulier del Domaine La Grande Bauquière.

I lettori italiani conoscono poco gli “sparklings” britannici, ancora raramente importati e poco conosciuti, sia perché di nobiltà più recente, sia perché mediamente ancora troppo costosi nella loro fascia di mercato. Per chi fosse incuriosito dalla loro recente “success story”, giunge perciò opportuno l’articolo della Atkins, che elenca dieci ragioni per conoscere meglio gli spumanti britannici: la prima è rappresentata dal vantaggio climatico derivante dal riscaldamento globale, ma il terroir e la predisposizione all’invecchiamento della loro elevata acidità, costituiscono altri fattori che ne hanno favorito l’ascesa.

 Salterò a piè pari l’articolo sui picnic e gli attrezzi di un picnic ben organizzato, per dedicare qualche riga a un tema fino a qualche anno fa ritenuto scandaloso: i vini in lattina. Sono sempre più numerosi e incontrano un favore crescente,  su Internet e nei frigoriferi dei supermercati, per due ragioni: una igienico-sanitaria, perché permettono un più agevole controllo della quantità di vini consumata (ce ne sono da 187 e 250 cl.), l’altra ambientale, per la più elevata riciclabilità dell’alluminio e per le più favorevoli stoccabilità e  trasportabilità, sebbene in realtà sia difficile ricostruire con precisione le quantità di energia e di emissioni  risultanti dai processi produttivi effettivamente adottati, per le lattine, come per le bottiglie di vetro. Come si può facilmente comprendere, vi sono due tipologie, qualitative ed economiche, di vini in lattina: una prima, più semplice, derivante da uve assemblate di paesi diversi, con o senza aggiunta di diossido di carbonio per renderli frizzanti, e l’altra più pretenziosa, di vini ricavati da singoli paesi, come Spagna, Italia, Inghilterra  o SudAfrica, per ridurre gli eccessi di produzione. L’autore, Peter Ranscombe, ha assaggiato 110 vini in lattina, tra i quali ha scelto i 18 migliori . Generalmente venduti in una fascia di prezzo tra i 4 e i 7 pounds la lattina da 25cc., ossia tra i 14 e i 24 euro (non proprio pochissimo) di una ipotetica bottiglia bordolese classica, i vini prescelti hanno ottenuto punteggi spesso superiori ai 90/100. Tre di essi, un garnacha spagnolo, un blend di carignan, syrah e valdigué da vecchie vigne di Mendocino, in California, e uno chenin blanc sudafricano, hanno ottenuto ben 95/100. Tra i migliori anche due italiani: un rosso abruzzese (94) e un rosé siciliano (93)

Passiamo ora alle degustazioni principali. Prima un rapido accenno a quella dei “Value-wines” da uve Malbec argentini, in vendita entro le 20 sterline. Il Panel , presentato da Alistair Cooper, ha esaminato 149 vini di varie annate (le ultime tre più qualcuna più vecchia), nessuno dei quali ha raggiunto le due fasce più alte di valutazione 95/100 o più), 15 hanno raggiunto o superato la fascia critica dei 90 punti, e la maggior parte (92) si è posizionato tra i vini semplicemente raccomandabili, con punteggi compresi tra gli 86 e gli 89 punti. I migliori provengono principalmente dalle due annate più recenti, la 2020 e la 2021, che vengono perciò maggiormente consigliate. Al Top un malbec di Mendoza della Uco Valley del 2021 di Doña Paula, con 93/100, e una riserva di Tupungato, dell’anno precedente, del Domaine Bousquet, con 92/100.

Le due degustazioni che ho scelto sono quella dei nebbiolo piemontesi (per ovvie ragioni) e dei bianchi da uve godello spagnoli.

Per quanto riguarda i primi, le annate prese in considerazione sono la 2018 e , per le riserve, la 2016 per i Barolo, la 2019 per i Barbaresco e il triennio 2018-2020 per i nebbiolo di altre denominazioni. La 2018 è stata un’annata discreta per i risultati (Decanter la valuta tre stelle, quattro per i Barbaresco dell’annata 2019), ma abbastanza sofferta dal punto di vista climatico:  abbastanza temperata ma molto umida , con un mese di maggio molto piovoso (con 22-23 giorni di pioggia), a differenza dell’annata  precedente, un febbraio molto freddo (-7°/-8°  nelle Langhe). Non sono mancati gli attacchi delle malattie della vite, e neppure la grandine nell’area di Serralunga e in parte dei territori del Barbaresco. La vendemmia  è stata effettuata intorno al 4-5 ottobre , una settimana prima del termine considerato ideale. I vini  base hanno una qualità variabile : la tentazione di recuperare in quantità dopo la più avara annata 2017 ha penalizzato alcuni produttori , mentre i vini delle migliori selezioni risultano concentrati, con tannini dolci e spesso eleganti. Si tratta di vini che potranno essere consumati più presto di quelli del 2017 ma, pur avendo possibilità di durare, non sono destinati a un invecchiamento molto prolungato. Tutt’altra storia l’annata 2019 nelle terre del Barbaresco: un’annata che si potrebbe definire ideale, in cui le uve hanno potuto maturare con gradualità senza incidenti meterologici gravi e con giugno e luglio molto favorevoli, che hanno consentito una vendemmia in condizioni quasi perfette.Quali sono i preferiti di Fiordelli? Tra i Barolo 2018 al vertice è il Francia di Giacomo Conterno, con 98/100. Un punto al di sotto il Monvigliero di GB Burlotto, mentre a quota 96  sono il Barolo di Bartolo Mascarello, il Brunate di Rinaldi e il Vigna Rionda di Giovanni Rosso. Tra le riserve del 2016, al vertice sono due Barolo riserva di Lazzarito (quello di Ettore Germano e quello di Reva) con 97/100, seguiti dal Bussia 90 Dì di Fenocchio, dal Vigna Elena Ravera di Elvio Cogno e dal Rocche dell’Annunziata di Aurelio Settimo a un solo punto in meno. Per quanto riguarda i Barbaresco dell’annata 2019,  primeggiano il Rabajà di Bruno Rocca, l’Asili di Carlo Giacosa e il Pajoré del Treiso di Rizzi con 96/100, seguiti da due altri vini di Rabajà (Giuseppe Cortese ) e Asili (Ceretto), in compagnia del Cottà di Albino Rocca a quota 95. Infine i Nebbiolo, d’Alba, delle Langhe e altri siti del Piemonte: a parte il Nebbiolo d’Alba 2019 di Giacomo Conterno, al vertice con 95/100, nelle altre posizioni di testa  sono tre Langhe Nebbiolo, rispettivamente quelli di Fenocchio e il Fralù di Bruno Rocca, entrambi dell’annata 2020, e il 2019 di Bartolo Mascarello. Sono due soli gli  “estranei” nel gruppo dei migliori, quasi interamente rappresentati dai Nebbiolo d’Alba e delle Langhe, ma assai più giù: un Roero e un Valli Ossolane, certamente  anche assai meno rappresentati nei campioni in degustazione.

Meno conosciuto dell’albariño delle Rias Baixas, che ha avuto negli ultimi anni un enorme successo, i bianchi da uve godello hanno tutte le qualità per dare vini notevolmente seduttivi, specie nei primi anni dalla vendemmia (non a caso il vino più vecchio della degustazione risale al 2018) e replicare il suo successo: nel bicchiere tutte le sfumature aromatiche del limone, striate da eleganti note di miele e di albicocca , con una bella mineralità e una spiccata salinità. La degustazione ha esaminato 51 vini bianchi da uve godello di varie denominazioni (le più rappresentate quelle di Valdeorras, Bierzo e Ribeira Sacra) , in grande maggioranza delle annate 2019, con qualche limitata intrusione dell’annata più recente, la 2021 , e di quella più vecchia, la 2018. I risultati complessivi sono molto lusinghieri, dal momento che 3 vini sono stati considerati “Outstanding”, che, secondo il sistema di valutazione adottato da “Decanter”, significa che hanno raggiunto o superato (fino a un limite massimo di 97) almeno i 95/100, e  altri 30 hanno raggiunto o superato la soglia “critica” dei 90 punti, ciò che significa che ben 33 vini, ossia due terzi, sono stati classificati almeno nella categoria “Highly Recommended” oppure in quella superiore. Nessun campione è stato giudicato Mediocre (Fair), Povero (Poor) o Difettoso, il che mette in ulteriore rilievo la qualità dei vini degustati. Al vertice dei Godello assaggiati sono non a caso due Valdeorras, la DOs che ha letteralmente dominato la degustazione-il magnifico Sorte O Oro Val do Bibel di Alvaro Palacios 2020 (96/100) e l’O Chao 2019 di Valdesil (95), e un Bierzo, il Sobre Lias 2020 di Madai. Tra i primi dieci vini col più alto punteggio Valdeorras occupa ben sei posizioni e Bierzo quattro, mentre sono assai più in basso altre DOs come Ribeiro, la Ribera Sacra e le Rias Baixas, dove impera l’altra grande varietà bianca della Spagna, l’albarinho.