Decanter, vol 47,n. 12, September 2022
Innanzitutto i titoli di copertina: grandi cantine d’Europa da visitare, Walla Walla Valley e Tasmania, e poi bianchi borgognoni, il ruolo dei legni nelle vinificazioni, i Panel Tastings (Sauvignon blanc neozelandesi e cabernet franc della Valle della Loira), i consigli “esperti” sui rossi sardi, e per chiudere: l’”altra” meraviglia del Mediterraneo: l’olio d’oliva.
Questo, in sintesi, il menu, piuttosto ricco, di questo numero. Ma non basta, perché ad esso è aggiunto il supplemento sui Vini dell’Anno dei DWWA, di cui mi occuperò a parte. Come sempre, sceglierò alcuni articoli su cui soffermarmi, e darò un resoconto breve, talvolta molto sintetico, del resto. Gli articoli su cui indugerò un po’ di più sono i bianchi borgognoni, i rossi sardi e i cabernet della Loira.
Il primo articolo, firmato da Charles Curtis, si propone di offrire ai lettori di Decanter un primo orientamento sui vini bianchi della Borgogna. Il percorso suggerito si snoda in tre tappe, organizzate secondo un criterio di qualità ascendente: la prima (“Da dove partire”) prende le mosse dalle denominazioni considerate minori e di costo più accessibile, ossia quelle delle due regioni più meridionali della Borgogna, la Côte Chalonnaise e il Maconnais, e quelle meno conosciute della Côte-d’Or, come Auxey-Duresses. Gli “esempi” scelti da Curtis sono due bianchi del Maconnais, un Macon-Villages e un St.-Véran, un Givry blanc (Côte Chalonnaise) e un Auxey-Duresses blanc (Côte-de-Beaune). Fa piacere constatare che l’opinione, molto positiva, di Curtis su questo Villages riguardi un mio “coup de coeur” di questa denominazione: il Les Boutonniers del Domaine Lafouge. La seconda tappa riguarda i comuni della Côte-d’Or, a livello Villages o Premier cru. Tra gli esempi scelti dall’autore, tra due Meursault e uno Chassagne-Montrachet, s’intrufola un bianco di St. Romain (il Sous la Velle di Gilles et Henri Buisson), che, peraltro, con 95/100 ottiene anche la valutazione più alta di questa sezione. Si chiude con gli chardonnay più ricercati della Côte-d’Or, ai vertici della qualità e della fama (per non parlare dei prezzi). I vini scelti da Curtis sono due grand cru (il Montrachet 2019 di Fontaine-Gagnard e lo Chevalier-Montrachet 2019 del Domaine Leflaive, valutati entrambi 98/100), uno Chassagne-Montrachet Premier cru Les Caillerets di Jean-Noel Gagnard 2019, e un più umile St.-Aubin Premier cru En Remilly di Hubert Lamy della stessa annata, entrambi a quota 96/100.
Il primo Panel, sul quale non mi soffermerò, è quello sui Sauvignon blanc neo-zelandesi. Sono stati assaggiati 116 vini delle vendemmie 2019-2021 (in prevalenza delle ultime due annate).I risultati, commentati da Roger Jones, sono stati nel complesso soddisfacenti: un vino, il Te Koko 2019, della Walrau Valley di Marlborough, di Cloudy Bay, con 98/100, è risultato “exceptional”. Gli fanno da corona 5 “outstanding” (almeno 95 punti), due ciascuno di Marlborough e di Martinborough e uno di Nelson, poi vi sono 40 “highly recommended” (90-94 punti), sicché la soglia critica dei 90/100 risulta superata da circa il 40% dei vini in degustazione. Unica ombra, i 4 vini giudicati “fair” (deboli), cioè che hanno ricevuto una valutazione non superiore a 82/100, che, nella scala di Decanter, è un risultato alquanto modesto. Va valutato positivamente anche il prezzo medio, che si aggira sui 15-20 pounds, con la ragguardevole eccezione del vino Top, che sfonda il limite delle 50 sterline.
L’altro Panel ha riguardato i rossi da uve cabernet franc di tutte le denominazioni della Loira delle annate 2018-2020. I vini degustati sono stati assai di meno di quelli della degustazione precedente, 57: nessun vino è andato oltre la valutazione di “oustanding” (ce ne sono stati due) e altri 18 hanno raggiunto la soglia critica dei 90 punti, per un totale di 20 vini, pari al 35%, vale a dire poco meno di quella dei Sauvignon neo-zelandesi. In compenso i vini giudicati “fair” sono stati solo due. Al Top della degustazione, presentata da Jim Budd, è un Saumur-Champigny Vieilles Vignes 2018 dello Château de Villeneuve, in vendita a poco più di 20 pounds, che ha spuntato 96/100. Ha raggiunto un punto in meno un Saumur rouge dell’Alliance Loire, il les Nivières 2019, proposto all’invitantissimo prezzo di 9.99 sterline. Altri sette vini hanno ottenuto 91/100: tra le varie denominazioni, stravincono i cabernet del Saumurois, dal momento che quattro di essi sono dei Saumur-Champigny, uno un Saumur, e solo due delle appellations della Touraine, un Saint-Nicolas de Bourgueuil e un Bourgueuil, mentre Chinon deve accontentarsi di cinque vini del gruppo a quota 90/100. I prezzi? Da 12 a 25 sterline, con qualche eccezione.
Veniamo infine ai rossi sardi. In quest’ultimo caso non si tratta di una degustazione sistematica, ma una selezione dei migliori, effettuata dall’esperto di Decanter, Anthony Rose. La metà dei prescelti sono dei Canonau, di cui vengono apprezzate la generosità e la complessità aromatica: tra questi ci sono i tre vini che hanno ottenuto le valutazioni più elevate (92/100), il Nostranu 2019 di Cantina Berritta, il Sileno 2018 di Ferruccio Deiana e il Donosu 2020 di Tani. Con 91/100 l’Arruga 2018 di Sardus Pater ha ottenuto il miglior risultato dei Carignano del Sulcis (si tratta di un “superiore”) , mentre vi sono altri due Carignano di Sardus Pater compresi tra i 21 selezionati da Rose, con 90/100. Nel gruppo c’è anche l’unico Monica di Sardegna, il Karel 2019 di Ferruccio Deiana. Bene, con 91/100, tre blend rossi della doc Isola dei Nuraghi, il Barrua e il Montessu di Agricola Punica, e il Maristellu di Atha Ruja (un 2013, vino più vecchio della degustazione).
Un rapido accenno al resto. Dopo le notizie di “Uncorked” e le pagine dei columnist (Jefford sui rosé, Johnson sui “veteran” wine books e Fiordelli sull’esposizione delle vigne), ci sono le pagine dei distillati (cocktails con il gin protagonista), il “perfect match” tra il fritto misto di verdure e i vini, l’articolo di Ines Salpico sull’olio d’oliva, “l’altro nettare degli dei”: sei gli olii suggeriti, due sono italiani (uno toscano, del Castello di Meleto, e l’altro di Pantelleria, di Donnafugata), poi due portoghesi (Alentejo e Douro), uno spagnolo(Catalogna) e uno greco (Peloponneso). Le pagine didattiche di Wine Wisdom e i suggerimenti degli editors, ci conducono infine alla sezione finale delle degustazioni, di cui ho già parlato. Restano solo le selezioni dei vini della settimana e del week-end e il consueto “market watch”, ossia gli aggiornamenti sul mercato dei fine wines.
DWWA 2022 Supplement
Allegato a questo numero è il denso fascicolo (oltre 150 pagine a colori) dedicato ai World Wine Award 2022 di Decanter. I vini valutati in questa occasione sono stati 18.244 (circa 200 in più di quelli dell’anno scorso) in una serie di degustazioni globali e locali che hanno coinvolto 237 giudici. La complessa procedura del concorso prevede che vengano dapprima individuati i vini “ammissibili”, che abbiano cioè raggiunto almeno l’obiettivo minimo di 83-85/100. Questi sono assegnati a tre diversi livelli: un punteggio compreso tra 86 e 89 comporta l’attribuzione di una medaglia di bronzo, tra 90 e 94 una d’argento e 95-96 d’oro. Dopo la presentazione introduttiva di Andrew Jefford, vengono dettagliatamente presentate la procedura adottata nella valutazione e i diversi comitati di assaggio. In questa prima fase, i vini vengono assaggiati alla cieca sotto la supervisione dei diversi Chairs regionali e poi riassaggiati per superare le discrepanze eventualmente rilevate. Successivamente i vini che hanno ottenuto una medaglia d’oro vengono nuovamente assaggiati dai co-chairs e da alcuni giudici dei comitati regionali per individuare quelli a cui verrà assegnata una medaglia di platino, ossia un punteggio tra 97 e 100/100. Quelli che saranno poi giudicati i migliori verranno proclamati i vini “Best in show”, i migliori in assoluto. Alla fine sono selezionati 50 Best in show, 163 medaglie di platino, 678 d’oro, 5.900 d’argento e 8.074 di bronzo.30 dei 50 Best in show del 2022, pari al 60%, sono stati attribuiti a vini europei,10 a vini australiani e neo-zelandesi, che superano anche Sud America (6), Nord America e Africa (2) e la Asia (1 soltanto). Il Medio-Oriente, considerato come territorio a parte, nessuna. L’Europa ha fatto incetta anche delle medaglie di platino (115, pari al 70.5%) e oro (460, pari al 67.8%). Su questo, in definitiva, non vi sono state novità sostanziali rispetto agli anni precedenti, nei quali la gerarchia era stata la stessa. Ma vediamo a questo punto la situazione a livello nazionale, limitandoci, per brevità ai 50 Best in show: 10 li ha ottenuti la Francia (5 a Bordeaux, 2 Champagne e 1 a Rodano e Beaujolais, Sud Ovest), 9 l’Italia- una in più dello scorso anno(1 Piemonte, 3 il Sud Italia, 4 la Toscana, 1 Veneto), 6 l’Australia, 5 la Spagna 4 l’Argentina e Nuova Zelanda, 2 l’Austria, il Portogallo , il Cile e il Sud Africa, 1 ciascuna Canada e la Svizzera, Inghilterra, USA .
Per chiudere, vediamo i vini italiani che hanno ottenuto il riconoscimento più alto: Barolo Roggeri 2017 Ciabot Berton; Greco di Tufo Lapilli 2021 Botter; Terre Siciliane Fiano Mandrarossa 2021; Isola dei Nuraghi Cagnulari 2020 Chessa; Bolgheri Superiore San Martino 2018 Cipriana; Brunello di Montalcino riserva 2016 La Palazzetta; Chianti Classico Gran Selezione Vigna Gittori 2019 Riecine; Vin Santo del Chianti riserva 2000 Colmano; Amarone della Valpolicella Classico riserva Sergio Zenato 2016 di Zenato.