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Non è certo un nome nuovo per chi ama il Fiano di Avellino, quello di Ciro Picariello. Ma i suoi vini sono una garanzia. Anche il suo Fiano del 2018, annata, un po’ come tutte quelle di questi ultimi tempi, non priva di difficoltà per i viticultori (lo sono state anche quella siccitosissima del 2017 e la 2016), ha fatto ben più del suo dovere. A me è piaciuto molto: la freschezza e l’acidità non gli mancano (lo credo, con vigne che arrivano a 650 m. di altitudine, nel comune di Summonte), è un Fiano molto equilibrato e sapido come ci si aspetta che sia, con un’anima gourmand.
Leggi tutto: A Summonte il Fiano vola alto: Fiano di Avellino Ciro Picariello
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Il Soave é probabilmente il vino bianco italiano più conosciuto all’estero, fra i migliori in assoluto, insieme con il Fiano di Avellino e il Verdicchio marchigiano. Il nome non deriva da una sua presunta “soavità“, ma dalla tribù longobarda degli Svevi che si insediò nella regione alla caduta dell’Impero romano. Parliamo dell’area compresa tra San Martino Buonalbergo e San Bonifacio, ad est di Verona. A nord di quest’ultimo comune si trova il territorio del Soave “classico”, sparso intorno alle cittadine di Soave e Monteforte d’Alpone.
Leggi tutto: Quando il vino é soave: Soave classico Pieropan
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Sono ancora relativamente poco conosciuti i vini delle cooperative, almeno di quelle del Sud Italia. Non sono così numerose e non tutte ben organizzate come le più conosciute del Nord (un esempio per tutte la Cantina dei Produttori del Barbaresco e le molte del Trentino, da cui provengono alcuni dei migliori vini bianchi d’Italia), ma anche a sud di Roma vi sono realtà meritevoli della più grande attenzione da parte del consumatore. Una di queste è sicuramente la cooperativa La Guardiense, a Guardia Sanframondi, in provincia di Benevento, una realtà importante per la vitivinicultura sannita. Fondata 60 anni fa, conta oggi 1.000 soci conferitori e 1.500 ettari di vigne un po’ in tutto il Sannio: vi si trovano le varietà classiche della Campania, l’aglianico e il piedirosso quelle a bacca rossa, il greco, il fiano, la coda di volpe e naturalmente la falanghina, gemma di questo territorio, tra le bianche, a cui sono riservati 600 ettari di vigne.
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Se, fino agli anni 2000, negroamaro e primitivo erano di gran lunga le varietà di uva a bacca rossa più conosciute della Puglia, in questi ultimi venti anni si è loro affiancata l’uva (o nero) di Troia. Non ancora per le quantità: benché notevolmente in crescita (venti anni fa ce n’erano poco più di 1.700 ettari, mentre oggi sono 2.500), le superfici piantate con nero di troia hanno infatti un’estensione ancora ben lontana dai quasi 12.000 ettari del primitivo e dagli oltre 11.000 del negroamaro, superate (sorpresi?) anche dal sangiovese (12.500 ha.) e dal montepulciano (9.000).
Leggi tutto: Un vino "democratico": Castel del Monte riserva Vigna Pedale Torrevento
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Riassaggio il Greco di Tufo di Sertura in una piccola osteria del centro di Avellino. E’ quello dell’ultima vendemmia in commercio, la 2018, ed è ancora molto giovane. Tra qualche mese sarà ancora più buono e lo sarà ancora di più se lo lasceremo un po’ in cantina (l’acidità per durare a lungo non gli manca), ma è già molto godibile. Fresco e agrumato, frutta bianca (pera e pesca bianca) al naso, sul palato una mineralità sottile e leggere note iodate ne accentuano la bevibilità (91/100). Le vendemmie, in questi ultimi anni, sono state difficili un po’ dappertutto a causa del cambiamento climatico, che ha profondamente alterato le stagioni.
Leggi tutto: Se l'agronomo diventa vigneron: Greco di Tufo Sertura
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